Spesso è richiesta più di un’ablazione per mantenere il paziente libero da fibrillazione atriale sintomatica


La maggior parte degli studi che stanno valutando l’efficacia dell’ablazione della fibrillazione atriale riportano periodi osservazionali di 1-2 anni, pochi studi hanno valutato la procedura per 5 anni o oltre.

Ricercatori dell’University of California – San Diego negli Stati Uniti hanno valutato l’efficacia nel lungo periodo ( maggiore o uguale a 5 anni ) dell’isolamento segmentale della vena polmonare per la fibrillazione atriale parossistica.

Lo studio ha riguardato 71 pazienti, di età media 60 anni ( di cui 56 di sesso maschile ), sottoposti a procedura d’ablazione nel periodo 2002-2003.
Il periodo osservazionale è stato di almeno 5 anni.

Dopo l’intervento ablativo, senza l’ausilio di farmaci antiaritmici, l’86% dei pazienti era libero da fibrillazione atriale sintomatica ad 1 anno, il 79% a 2 anni, e il 56% a 63 mesi ( valore medio ).
Il 22.5% dei pazienti ha presentato recidiva di fibrillazione atriale dopo il secondo anno dall’ablazione.

Trentun pazienti si sono sottoposti a una o più procedure ablative ( in media: 1.6 per paziente ).
Dopo procedure multiple, l’81% dei pazienti era libero da fibrillazione atriale sintomatica senza l’ausilio degli antiaritmici a 63 mesi, in media, dall’intervento iniziale; tuttavia in 18 di questi pazienti che hanno ricevuto procedure multiple d’ablazione, la durata media del periodo osservazionale dopo l’ultima ablazione era di soli 13.5 mesi, in media.

In conclusione, l’esito a 5 anni dopo isolamento della vena polmonare per la fibrillazione atriale parossistica è risultato simile a quello precedentemente riportato per periodo osservazionali di più breve termine ( minori o uguali a 2 anni ). Tuttavia, le recidive tardive superiori a 2 anni dopo l’ablazione iniziale sono state frequenti, ed è stato spesso richiesto intervento ablativo ripetuto per mantenere il paziente libero da fibrillazione atriale sintomatica. ( Xagena2009 )

Sawhney N et al, Am J Cardiol 2009; 104 : 366-372


Cardio2009


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